C’era ancora un’altra volta

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28 Aprile, 2020

C’era ancora un’altra volta

PARTE SECONDA – IL CASTELLO INCANTATO


 

"Mi sento come se fossi dentro un castello incantato. Le mura, gli spazi, gli echi, le luci: tutto è incredibile". Salvatore lo disse alla sorella Virginia, descrivendo la vita al San Pietro mentre percorrevano i due chilometri da Positano all'albergo. Fin dall’apertura otto anni prima, era lui che gestiva l'aspetto amministrativo. Ora che i figli Carlo e Vito andavano a scuola, Carlino invitò Virginia a dare una mano al fratello che lavorava in albergo. Era un'offerta che lei accettò con entusiasmo anche perché era molto brava in questo lavoro. Prima di sposarsi, Virginia aveva lavorato al Miramare, il primo albergo di Positano, e conosceva l'ospitalità come tutti gli albergatori della famiglia.

Entrando nel parcheggio dell'albergo, trovarono Carlino con le valigie. Ora che sua nipote era qui per aiutare a gestire le cose, aveva deciso di fare finalmente la vacanza che aveva in programma per la Valle della Loira.

"Aspetta zio, te ne vai senza dirmi cosa devo fare", disse Virginia

"Vai dentro e vedi cosa c'è da fare". Fu la sua risposta calma.

 

once-upon-another-time2Carlino era un sognatore, a metà tra artista e genio, che immaginava l'impossibile e rifiutava qualsiasi cosa che non fosse la più pura realizzazione delle sue fantasie. Salvatore e Virginia sapevano gestire la realtà pratica, perché, come spesso gli sentivano dire: "Le cose pratiche non sono anche belle". Carlo Cinque parlava il linguaggio degli artisti, un linguaggio senza grammatica, fatto di silenzi, sguardi, sensualità, fragilità e narcisismo. Avrebbe potuto lavorare nel mondo dello spettacolo, se non fosse stato per quella spietata, inevitabile dedizione alla bellezza. Ma, come si vedrà in seguito, il mondo dello spettacolo sarebbe venuto da lui.

Il jet set aveva scoperto Positano e con esso Il San Pietro. Mentre star del cinema e registi accorrevano nella pittoresca cittadina costiera, Carlino li aspettava, pronto ad accoglierli a casa sua. Perché Il San Pietro era proprio questo: una casa eccezionale che si era rivelata ancora più sorprendente di quanto la sua vivida immaginazione di ragazzo avesse potuto sognare; un castello incantato che aveva riempito di fiori, mobili antichi, opere d'arte e animali esotici.

E difatti una volta al San Pietro c'erano pure i pinguini (Carlino si inventò anche una specie di guinzaglio che gli permetteva di farli nuotare in mare e di pescare). E le volpi, i tucani, un merlo indiano, una gazza, i pappagalli, un falco e una famiglia di cani tra i quali un San Bernardo, due Jack Russell, un Pastore Tedesco, due Terranova e diversi Boxer. In questi cinquant'anni, Il San Pietro non si è mai trovato senza un cane boxer residente. Alec, un boxer tigrato, era il preferito di Carlino; raramente se ne separava. Il giorno in cui Carlino decise di adottare una coppia di leoncini, Virginia sbroccò. "Non sono come i pinguini, zio. Diventano enormi e feroci". Alla fine, riuscì a convincerlo e lui rinunciò.

Gli ospiti apprezzavano il mix multietnico, con abitanti del Polo Nord, dell'Africa e dell'Asia sparsi per i giardini. Questa particolare eccentricità di Carlino non era senza ragione. Amava gli animali quasi quanto gli uomini. Rimasto orfano all'età di otto anni, godeva del calore di una famiglia che lo circondava, e restituiva quel calore e quella gentilezza a tutti, umani e animali. Per lui il personale dell'albergo era parte della famiglia, gli ospiti erano sacri, e molti di essi erano amici più che ospiti; una concezione che Virginia, Carlo e Vito tramandano ancora oggi.

 

Un portiere di notte ricorda Sergio Leone che davanti alla gabbia dei merli cercava di parlargli. "Come ti chiami?" chiedeva il regista.

"Federico".

"Federico. Federico. Federico." ripeteva Leone, convinto di esserselo fatto amico. Ma il merlo, non abituato a essere disturbato nel sonno a un'ora così tarda, rispose laconico in perfetto dialetto napoletano: "Non fare il rompiscatole".

Leone rimase prima basito, poi il suo volto si illuminò di gioia. "Devo trovare il modo di metterti sotto contratto" disse al merlo.

E perché no? Molti positanesi erano stati ingaggiati dall'industria cinematografica per entrare a far parte dell'illustre cast di Leoni al Sole, il famoso film di Vittorio Caprioli che ha dato a Positano la fama internazionale. Questo piccolo villaggio costiero si è fatto sempre più conoscere dal jet set per la sua bellezza. Bellezza che si ritrova nella sua pienezza al San Pietro. Per tutti gli anni Settanta, metà delle camere dell'albergo erano prenotate da attori e artisti. Un luogo dove potersi immergere nella vita dell'albergo, incontrare vecchi amici e farsene di nuovi, o usarlo come un buen retiro per sfuggire dalla quotidianità.

Se il pianoforte a coda dell'albergo potesse parlare, racconterebbe delle mani che lo hanno suonato e delle voci che ne hanno accompagnato la musica, che si trattasse di Quincy Jones, Leonard Bernstein, Armando Trovajoli, Nino Rota, Barbra Streisand, Tina Turner, Lou Reed o Renzo Arbore che si ispirò ai pappagalli della hall per comporre "E' scappato il pappagallo".

Se le pareti delle grandi sale potessero parlare, ci sarebbe materiale a sufficienza per un bestseller. Ma come in ogni famiglia, Il San Pietro ha i suoi segreti.

Durante la stagione turistica, Salvatore non dormiva molto e non solo per le lunghe ore di lavoro. Come Carlino, non si è mai sposato. Entrambi lo erano con l'albergo, innamorati della vita che dà tanto e chiede tanto in cambio. Erano uomini belli, più grandi della vita, allegri, generosi, amanti del divertimento, ma veloci nel cadere in momenti di silenzio e, soprattutto, imprendibili. Incarnavano quel fascino vecchio stile così attraente per il gentil sesso ed era consueto vederli in compagnia di donne. Virginia prendeva spesso in giro Carlino per il numero di ex fidanzate che si presentavano alle sue feste, tutte a conoscenza l'una delle altre. Queste feste erano leggendarie, e rese tali anche dagli ospiti che vi partecipavano, tra cui il suo amico più caro, Franco Zeffirelli. L'amicizia tra i due uomini era nata in modo del tutto spontaneo. Il regista fiorentino si era innamorato di Positano e aveva acquistato una villa non lontano dall'albergo. Festoso, mondano ed esteta, Zeffirelli trovò nella "casa" di Carlo Cinque il luogo perfetto dove passare il tempo e dove la realtà sembrava un sogno. Un film.

Un giorno memorabile il concierge ricevette una telefonata da Marcello Mastroianni, l'alter ego di Fellini. Stava girando un film in Costiera Amalfitana e chiese una camera al San Pietro. Purtroppo l'albergo era al completo. Sentendo la conversazione telefonica, Carlino afferrò il ricevitore.

"Non si preoccupi, Maestro". E con la voce sicura di sé e melodiosa, disse a Mastroianni: "Ti aspettiamo". Quando pensi di arrivare?".

"Finisco le riprese di oggi e arrivo da Amalfi".

Carlino riagganciò con lo sguardo di chi ha davanti a sè un film ancora tutto da girare. Riprese il telefono, chiamò pittori, idraulici, elettricisti e muratori. Il maestro del sogno avrebbe fatto la sua magia e creato una nuova camera laddove ce n'era solo un abbozzo. La sua squadra si mise subito al lavoro sulla terrazza che Carlino aveva scelto, accanto alle altre camere. Una gigantesca lastra di marmo venne adagiata su un telaio di legno che sostituì il muro per far passare tubazioni e cavi elettrici. Da una grande insalatiera in ceramica si ricavo' il lavandino del bagno. Il pergolato della terrazza fu coperto da teli trovati in magazzino. E poiché la terrazza aveva poche pareti, unì grandi finestre per creare una stanza con una vista a 180 gradi. Quando fu terminata, la stanza sembrava essere sempre stata lì.

Lo spazio non era ancora completamente arredato quando Mastroianni arrivò con Catherine Deneuve e la figlia Chiara di poche settimane. Forte della sua fama di intrattenitore, Carlino guidò gli innamorati in un tour che ha aveva del felliniano nel mostrare Il San Pietro come un sogno primordiale, con sorprese dietro ogni angolo. Un paio d'ore e molti drink dopo, gli "attori" varcarono la soglia della nuova camera, senza mai sapere che era un set allestito solo per loro e che sarebbe stato smantellato una volta usciti. Sono rimasti per tre mesi. In onore del suo famoso ospite, la camera, in seguito ricostruita a regola d'arte, è stata chiamata "8 ½" in onore a Fellini.

Molte celebrità sono passate per l'albergo, molte sono tornate e diventate clienti abituali, divenendone parte della sua storia, mentre il San Pietro continuava a scrivere le sue regole spazio/tempo alla napoletana, alla maniera dei Cinque. Insomma, un luogo dove gli ospiti si sentono a casa lontano da casa.

Difficile descrivere la sensazione e l'armonia nell'entrare e vagare nel suo spazio e nel suo tempo. Il profumo delle torte calde della prima colazione e dei dolci appena sfornati al mattino; il profumo dei limoni mentre ci si allena guardando il mare; il menù del ristorante sulla spiaggia che riporta il gusto indietro nel tempo a riscoprire sapori intensi, oggi spesso perduti; il piacere di ritirarsi dal mondo sulla propria terrazza privata. Non c'è nulla di ostentato nel lusso personalizzato che l'albergo offre. Il San Pietro è definito, dal New York Times nel 1982, un "luogo dell'anima". Dal 1970 a oggi, migliaia di ospiti vi hanno soggiornato. Per chi continua a tornare, è un posto speciale dove lasciare un pezzo di cuore, anno dopo anno.

 

 

 

 

 

 

 

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