Giorgio, un Fiorentino Positanese

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4 Gennaio, 2021

Giorgio, un Fiorentino Positanese

di Vito Cinque


Giorgio Maccioni, da Monsummano Terme, arrivò a Positano, subito dopo la seconda guerra mondiale. Una sua zia, zitella, portò con sè questo nipote per alleviare il lavoro alla sorella che aveva già altri quattro figli. Una volta arrivati a Positano, la zia era stata nominata direttore dell’ufficio Postale del paese e Giorgio si rese utile aiutandola nel distribuire la posta in Paese iniziando cosi a farsi conoscere da tutti i gli abitanti della piccola cittadina e a stringere amicizia con essi. Giorgio è un ragazzetto di bell'aspetto, somiglia ad Alberto Sordi, anzi direi che fosse più bello del famoso attore e questo non lo dico per affetto ma per dato di fatto. Dopo questa parentesi alle poste, diventa il maggiordomo di Raimondo Orselli, un uomo di grande fascino e cultura, un antiquario fiorentino che possedeva una villa bellissima, ora attuale Palazzo San Giacomo.  Orselli avrà sicuramente notato questo ragazzo sveglio e gentile, dal passo sicuro e svelto, mentre consegnava la posta in giro per il paese, cantando le canzoni dei sui amati Claudio Villa o Domenico Modugno e subito lo convoca  presso di se. Orselli divenne, a pelle, grande amico di mio Zio Carlino, all'inaugurazione dell’hotel San Pietro, gli regalò un trumeau siciliano che, ancora oggi e per sempre, rimarrà nella hall dell’albergo. Persona elegantissima e di grande charme, godeva della fama di tombeur de femmes, ragione per la quale l’amicizia con Zio Carlino divenne indissolubile. In virtù di tale comunanza di interessi, lo zio divenne habituè di casa Orselli, dove si celebravamo le più belle ed eleganti feste dell’epoca. In inverno, Orselli partiva e lasciava Positano per lunghi periodi, Giorgio, da persona acuta ed intelligente, aveva intuito il grande potenziale turistico di Positano e durante quell'esperienza lavorativa, oltre che umana, aveva arricchito il suo bagaglio di conoscenze frequentando quel mondo internazionale e variopinto fatto di aristocratici, artisti, avventurieri e persone di spettacolo che iniziavano a frequentare il piccolo paese costiero.

 Accetta, quindi, la proposta di lavoro a tempo pieno di Zio Carlino al Miramare, l’albergo progenitore del San Pietro. Egli si era abituato al clima dolce, al mare, alle persone, al buon cibo e non voleva più tornare a Firenze. In estate, quindi, Giorgio lavora al Miramare, con Zio Carlino ed è da quel memento inizia  a far parte della Famiglia allargata e della Famiglia ristretta. Famiglia allargata in quanto diventa, quasi subito, il collaboratore che fa da collante a tutto il gruppo di lavoro del Miramare e Famiglia ristretta in quanto voluto bene da tutti i componenti di questa  famiglia Attanasio/Cinque. Al Miramare Giorgio collabora con  Nonna, Carmela Cinque, sorella di zio Carlino e con suo marito Vito Attanasio, madre e padre di mia Mamma, Virginia e di Salvatore i quali, subito dopo gli studi, si avviano ad intraprendere la loro carriera di albergatori.

 In estate lavora al Miramare e  molti lo ricordano, ancora oggi, quando iniziava il suo turno di lavoro mattutino cantando. Il canto è sempre stato il suo compagno di vita. Cantava quando era contento,  quando era triste, per tirarsi su e quando era solo per non far prevalere questa solitudine. Si racconta che iniziasse il lavoro  alle cinque del mattino per imbiancare ogni giorno, con il suo collega Aniello, le scale di accesso all’albergo per poi servire con quel suo magnetico sorriso la prima colazione ai clienti. Finito il lavoro correva in spiaggia a Fornillo o a alla Marina grande, per farsi un bagno in mare e immergersi nel sole, come una lucertola. Il sole, il canto ed il buon vino sono sempre stati la ricarica preferita di questo toscano, fiero di esserlo, che ha sempre parlato il napoletano con accento fiorentino. La sera era sempre pronto ad allietare i clienti con la sua presenza e con i suoi premurosi servigi. Entrare in servizio era per lui come per un attore salire sul palcoscenico.

Giorgio riusciva, spesso, a quadruplicare il suo stipendio grazie alle laute mance che riceveva dai clienti e per questo era molto invidiato dai colleghi. Quando gli capitava di ascoltare o di venire a conoscenza di qualche commento invidioso dei colleghi gli rispondeva: canta, canta che ti passami è passata a me e passerà anche a te ‘o collega. In tutti i suoi anni di collaborazione, con la nostra famiglia, non abbiamo memoria che di complimenti ricevuti dai clienti per l’operato di Giorgio.  Molti dei suoi clienti dell’epoca erano persone che avevano girato il mondo intero, personaggi del calibro di Laurence Olivier, Il Presidente Gerald Ford, la Famiglia Rockefeller, Il maestro Armando Trovajoli, Robert De Niro, Barbara Streisand. Giorgio ha conosciuto questo mondo ed ha saputo entrare a farne parte.

La mattina entrava nelle camere con il vassoio della prima colazione, cantando ed augurando una buona giornata con qualsiasi condizione di tempo, anche che grandinasse.  Era il più richiesto tra i camerieri e tanti clienti erano disposti ad aspettare con pazienza che si liberasse, per ricevere la colazione servita in camera da lui. Spesso dovevano aspettare tanto perché egli veniva  trattenuto in camera, più del dovuto, da questi ospiti che amavano scambiare due chiacchiere con lui di primo mattino. Viveva in un bilocale di fronte l’Hotel Poseidon. Il bilocale era ciò che rimaneva di una casa di Zio Carlino, che lui stesso aveva demolito, per metà, per dare più vista all’Hotel  Poseidon, albergo che da li a poco si apprestava a prendere in gestione.

In occasione di un suo rientro a Monsummano, dove ogni anno si recava per trascorrere del tempo con la sorella, Giorgio si innamora. Decide di rimanere li, si sposa, nasce suo figlio Massimo, ma da li a quattro anni sarà uno dei primi divorziati d’Italia. Andava molto fiero di questo suo primato. Ritorna quindi nella sua Positano e riprende la vita che aveva lasciato.

Carlino in quegli anni, inizia a dare forma alla sua visione, iniziando a plasmare il San Pietro e Giorgio lo segue e è sempre al suo fianco. Nel giugno del 1970 il San Pietro apre e Giorgio è sempre li. Tutti gli invitati in quella mitica serata del 29 giugno lo conoscono ed in tanti fanno i complimenti anche a lui. Nel 1976, mia madre, Virginia, che aveva, temporaneamente, lasciato Zio Carlino, nell’attesa che io e mio fratello diventassimo autosufficienti, riprende la collaborazione con Zio Carlino al San Pietro.  Ed è qui che io e Carlo iniziamo ad avere un rapporto più intenso con Giorgio. E’ lui che, al termine della scuola, ritroviamo al San Pietro per sfamarci. In inverno cucinava per Zio Carlino ed i suoi innumerevoli ospiti, per lo Zio Salvatore e nostra madre. Ricorderò per sempre il sapore della sua salsa di pomodorini freschi, delle sue penne all’arrabbiata, mangiavamo peperoncino già da piccoli, i suoi spaghetti ai broccoli con pomodorini, i capellini sciuè sciuè, usava dire: “ragazzi fò sette capellini” e mio fratello Carlo ribattere: “Giorgio fanne quattordici che mangio anch’io!”. I suoi carciofi e patate e i suoi carciofi fritti, come anche il suo stoccafisso e patate, sono ancora ricordati, con languore, da molti a Positano, per non parlare di come sapesse cucinare bene il pesce. In cucina Giorgio aveva un ingrediente segreto, l’amore.

Dopo l’apertura del San Pietro, Zio Carlino si trasferisce a vivere li. In inverno capitava di essere invitati dallo Zio a cena e la cucina era distante dal suo appartamento ed io e Carlo aiutavamo Giorgio a trasportare le vivande. Camminavamo con questi tegami di stoccafisso e patate, insalata alla Carlino, carciofi trifolati e fritti, pesce al sale e bottiglie di vino Gragnano sotto le ascelle attraversando i corridoi ampi e vuoti dell’albergo chiuso. Giorgio era sempre preoccupato che potessimo cadere e farci male e ci ammoniva: “O bischeri non fatevi del male …..avete capito? Se cadete fate cascare tutto in terra e chi se ne frega, mi raccomando o bischeri!!!!”

Piano piano che crescevo, il rapporto con lui si intensificava sempre più. Alcune volte lui parlava da solo, ponendosi domande alle quali dava anche le risposte e quando mi vedeva arrivare mi interrogava sugli argomenti più disparati. Da persona intelligente, si interrogava sul futuro ed era sempre mosso da una grande curiosità. Diceva: “io sono ignorante perché non ho studiato, ma non sono scemo e  c’ho un cervellino fino fino.” Infatti i suoi enormi sacrifici, di una vita, si erano trasformati in una somma, per l’epoca, astronomica di denaro e in tre appartamenti che donò al figlio quando si sposò. Mi informava sulla vita di suo figlio Massimo, Giorgio era felice che si fosse sposato e che nel frattempo gli avesse dato due nipoti e anche che avesse aperto un ingrosso di abbigliamento a Firenze. Giorgio si era sempre sentito un po’ in colpa per quel suo divorzio, ma posso assicurarvi che in tutte le sue giornate il figliolo, come lui lo chiamava, era sempre al centro dei suoi pensieri. E mosso per l’appunto da questi, ha contribuito in maniera fondamentale alla costituzione di questa nuova famiglia di cui lui è stato parte fondamentale.

Nel 1984, il primo di maggio, Zio Carlino ci lascia, chiamato da San Pietro per cercare di abbellire il Paradiso. Giorgio  mi racconta di come, solo una settimana prima, lo Zio,  avesse vissuto un bel momento di gioia e di felicità. Era venuta in visita una sua cara amica, una donna che io ho conosciuto e di cui ricordo la simpatia oltre che la bellezza. Era venuta a Positano per trascorrere qualche giorno in sua compagnia ed avevano cenato spesso sulla terrazza guardando il mare e Positano. Giorgio preparava e serviva i pasti ed era anche lui parte della gioia del suo capo, in quanto ha sempre guardato, parte della sua vita, attraverso le lenti di Zio Carlino. Una di quelle sere, erano andati a cena da Livia ed Alfonso Iaccarino al Ristorante Don Alfonso 1890, dove avevano cenato accanto al camino, gustando una grandiosa spigola al sale ed una insalata di scarole. Finita la cena Zio Carlino dice a Giorgio che guidava: “Giorgio la serata è troppo bella per farla finire troppo in fretta, facciamo un giro lungo attraverso il Nastro d’Oro che passa per Massa Lubrense.”

Qualche giorno dopo, tanta felicità, Zio Carlino si addormentò per sempre chiamato nel più bello dei suoi giardini tanto amati. Giorgio visse la perdita di quest’uomo, che gli aveva cambiato la vita, in un contrito e doloroso silenzio. Era molto preoccupato per le sorti del loro tanto amato San Pietro. Si unì, come molti altri al fianco di Zio Salvatore e di Mamma con lo stesso affetto, stima e dedizione di sempre. Era onnipresente, accompagnava ovunque Mamma, che non ha mai guidato in vita sua. Scortava noi a scuola, quando gli autobus facevano sciopero, cucinava per tutti noi, in inverno e si occupava dei fiori che, anche lui, tanto amava. Furono anni difficili per tutti ma Giorgio era felice. Felice di sapere che il San Pietro fosse stato fatto salvo e assicurato in solide mani. Felice anche di vedere noi crescere e soprattutto di sentirsi parte integrante di questa famiglia. Tutti gli inverni, continuava a rendere visita alla sorella, al figlio ed ai nipoti, in Toscana, per poi ritornare. Quando io e Carlo iniziamo a lavorare con Zio Salvatore e nostra Madre, il contatto divenne quotidiano. Sempre in inverno, quando gli operai, i manutentori e i giardinieri terminavano la loro giornata lavorativa in albergo, mi dirigevo in caffetteria dove sapevo trovare Giorgio e lui mi diceva: “ci facciamo sette capellini sciuè sciuè !”Non sono mai riuscito a dirgli no, primo perché i capellini erano buonissimi, e poi perché provavo sempre piacere a fare due chiacchiere con lui. Sapeva delle mie fidanzate, dei miei studi, sapeva tutto. Gli anni passano e purtroppo anche lo Zio Salvatore viene a mancare nel 1996. Un altro brutto colpo per Giorgio, aveva visto nascere e morire un altro membro della sua famiglia ristretta. Si preoccupa di nuovo per il passaggio generazionale che sta per avvenire e protegge me e Carlo per quando gli è possibile. Anche questa volta dopo qualche tempo si rasserena, il San Pietro è di nuovo salvo.

Un bel giorno chiede di parlare con me e Carlo in privato: “ragazzi mi sono fatto troppo vecchio, non è bene che si veda un vecchio come me in giro per l’albergo. Ogni scarpa diventa scarpone e io non voglio farvi fare brutta figura.”  La verità è che si sentiva ormai fuori luogo e gli dispiaceva pensare di occupare un posto che poteva servire a qualcuno che ne avesse avuto più bisogno di lui. In effetti aveva lavorato cinque anni oltre il limite pensionistico pagando più tasse di quanto non si aspettasse. In quel momento tutti ci siamo chiesti: e ora come facciamo? Non si pensa mai che qualcuno della famiglia potesse auto pensionarsi dalla famiglia stessa. Con nostro grosso rammarico dovemmo prendere atto che erano trascorsi quasi 65 anni dall'inizio di questo, meraviglioso, rapporto con Giorgio.

Lui rimase a vivere a Positano in quella piccola casetta che gli fu assegnata, anni prima, da Zio Carlino. Lo incontravo spesso per strada, dove lui, nel suo quartiere si intratteneva a parlare con gli amici di sempre. Trascorsero diversi anni in cui veniva spesso a farci visita, la nostalgia era troppa e quindi decidemmo, di comune accordo, che saremo stati molto felici, se lui lo avesse desiderato, di trascorrere metà della sua vita nel suo San Pietro e l’altra metà a Positano. Ed è così che si ritrovò con due dimore, una al San Pietro di notte e l’altra nel suo appartamentino a Punta Regina. Trascorrono altri anni e Giorgio chiede di nuovo di parlarci. “Ragazzi io sono troppo vecchio e non voglio farvi sentire in pensiero per me che rimango in questo albergo così grande di notte.”  Per cui ritorna a vivere in pianta stabile nel suo appartamento di sempre. Il pomeriggio andava, come da sua consueta abitudine, a stendersi al sole a ricaricarsi le batterie. Uno di quei pomeriggi, scendendo dal piano superiore della sua casetta, cade e si rompe una gamba. I vicini chiamano subito l'ambulanza che lo trasporta all’ospedale di Cava dei Tirreni. Lui non sapeva che io fossi già stato allertato e che seguivo l’ambulanza. Quando i medici mi fanno entrare nella sua stanza, trovo l’infermiera che gli chiedeva se avesse famiglia. Lui vedendomi entrare le risponde: “eccolo il mi figliolo e inizia a piangere.”

Giorgio pensava che fosse caduto e che la caduta gli avesse provocato la rottura della gamba, la verità, invece, era che il suo femore era diventato troppo debole. Dopo qualche giorno il suo vero figliolo, Massimo, con il quale ci sentivamo più volte al giorno, viene a Cava dei Tirreni e trasporta Giorgio con una ambulanza a Firenze per operarlo. Dopo l’operazione, riuscita bene, rimane a vivere a Firenze con il figlio Massimo e sua moglie, dove viene coccolato ed accudito.

A tutti noi Giorgio manca moltissimo, in maniera particolare a nostra madre Virginia. Credo che lui sia stato l’uomo con il quale mia madre abbia trascorso più tempo. Gli telefoniamo spesso, sappiamo che è in discreta salute e che spesso ha piacere a trascorrere un po’ di tempo in un bella residenza per anziani, in campagna, dove stringe amicizia con tutti (non ne siamo affatto sorpresi) e dove lui, malgrado il suo femore,  corre a destra e sinistra per andare in aiuto dei suoi compagni che sono meno agili di lui. Anche li, Giorgio si distingue e assume la leadership.

Il 14 marzo del 2018 devo andare a Firenze per la prima edizione di Duco Italia. Chiamo il figlio Massimo, e lo avviso che mi avrebbe fatto piacere incontrare il papà.  Arrivo in questa bella palazzina e me lo trovo li, sorridente come sempre, bello rasato ed elegante come è sempre apparso in tutti questi anni ai miei occhi. Ci guardiamo come due innamorati e lui mi urla “O’ Bischero vieniti a sedere vicino a me!!!”

Giorgio è sereno, dopo aver tanto lavorato e vissuto lontano da questo suo figlio è felice di essere a casa con lui e la moglie. Lei gli cucina i suoi piatti preferiti, gli prepara il baccalà una volta la settimana e lui è contento. Giorgio era un uomo che si accontentava di poco e sapeva esprimertelo con un gesto gentile ed un sorriso ineguagliabile.

Un brutto giorno …….il figlio Massimo mi chiama e mi dice: “Vito il Babbo non c’è più!”Ho dovuto dirtelo con una settimana di ritardo perché lui non voleva che vi disturbassi.

Mi manca molto, mi manca sempre e penso a come siamo stati fortunati ad averlo avuto con noi, nella nostra famiglia, per tanti anni. Ci siamo voluti tutti molto bene e questo è quanto di più importante si possa avere nella vita. Grazie caro Giorgio, grazie per tutto quello che hai rappresentato e fatto per noi, grazie sempre e per sempre.

 

 

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